Disciplina Normativa del Licenziamento - Guida Completa

Data pubblicazione: 2018-11-30
Tempo di lettura stimato: 11 minuti
Disciplina Normativa del Licenziamento - Guida Completa

Il licenziamento: cosa dice la normativa, come difendersi e tutti i consigli utili per evitare gli errori più comuni

Il Licenziamento nel Codice Civile

Licenziamento, ovvero la fine di un rapporto lavoro. Differente dalle dimissioni o dal recesso unilaterale di un contratto, con questo termine si indica spesso una scelta difficile, dolorosa, che porta all’allontanamento del dipendente dal luogo di lavoro da parte del datore di lavoro, e ciò può avvenire anche senza alcun preavviso e su due piedi, come capita nei casi di licenziamenti in tronco.

È il Codice Civile a disciplinare in Italia la materia: gli articoli 2118 cc e 2119 cc affermano i principi della generale libera recedibilità dei contratti a tempo indeterminato (previo preavviso e con il pagamento di un’indennità sostitutiva, detta anche liquidazione) e della recessione del contratto prima della scadenza del termine.

I distinguo però vengono dettati dalle cause che portano alla cessione del rapporto lavorativo. Esistono i casi di libera recedibilità, di licenziamento per giusta causa, collettivi, i motivi oggettivi e soggettivi che possono motivare tale scelta da parte del datore di lavoro anche al di là del cosiddetto licenziamento disciplinare. In questo articolo spiegheremo quali sono i distinguo e quali sono le differenze tra un licenziamento per giustificato motivo ed un licenziamento volontario.

Libera Recedibilità

Prima della scadenza del contratto, come già accennato, è possibile chiederne il recesso. Una libertà che viene concessa al lavoratore di cambiare aria, optando per un altro lavoro.

La libera recedibilità è infatti contemplata dall’articolo 2119 del Codice Civile, che prevede la facoltà per le parti in causa di esercitare il recesso dal contratto prima della scadenza del termine. Per far ciò occorre che il lavoratore dia le dimissioni formali, attraverso una lettera scritta, per dare il giusto preavviso all’azienda in cui si lavora.

Non sempre però questa formula è necessaria.

Per i contratti a tempo determinato, infatti, qualora ci si trovasse di fronte ad una causa che non consenta la prosecuzione del rapporto lavorativo, anche provvisoria non occorre nemmeno il preavviso.

Nei casi di contratto a tempo indeterminato, invece, il datore di lavoro (anche definito prestatore) che recede l’accordo per giusta causa compete l'indennità sostitutiva.

Licenziamento: Requisiti Sostanziali

Per comunicare al lavoratore la cessazione del rapporto di lavoro, il datore deve redigere un atto in cui vengono elencate le motivazioni per cui viene scatta il licenziamento. Si chiamano requisiti sostanziali e per legittimare il termine del rapporto devono contemplare: 

  • la giusta causa (licenziamento in tronco): quando ci troviamo di fronte ad un inadempimento gravissimo;
  • il giustificato motivo soggettivo: ovvero una ulteriore ipotesi di inadempimento del lavoratore; 
  • la ragione di tipo oggettivo: sono i cosiddetti motivi economici (come ad esempio la crisi aziendale) e riguardano più precisamente i fattori dell’impresa e del datore di lavoro.

Licenziamento: La Giusta Causa

In caso di comportamenti di estrema gravità da parte del lavoratore, il titolare dell’azienda (o meglio, il datore di lavoro) può provvedere al licenziamento per giusta causa.  Questa opzione viene definita come il licenziamento disciplinare per eccellenza. È l’articolo 2119 del Codice civile a stabilire che il licenziamento per giustificato motivo avviene quando le parti (datore di lavoro e lavoratore) possono recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato senza necessità di preavviso, e ciò avviene nel caso in cui si verifichino condotte da non consentire la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto medesimo.

Il licenziamento per giusta causa può scattare dunque dinanzi a condotte disciplinari che non consentono neanche in via provvisoria il prosieguo del rapporto lavorativo, ma il Codice civile chiarisce anche quando tale atto non è motivato: ad esempio, in caso di il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda, il provvedimento viene dichiarato illegittimo.

Con il Jobs Act, la riforma entrata in vigore nel marzo del 2015, vengono previste alcune garanzie per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato assunti prima di quella data, che contemplano anche la revoca del licenziamento.

La prima prevede che se il licenziamento per giusta causa viene intimato da un datore di lavoro che supera le soglie dimensionali previste dall’articolo 18 della legge 300/1970 (unità produttiva con più di 15 lavoratori, o più di 5 se si tratta di imprenditore agricolo, o più di 60 dipendenti in totale), si applicano i regimi di tutela previsti da tale norma che, in caso insussistenza del fatto contestato, o licenziamento intimato per un fatto punibile con una sanzione conservativa, condanna il datore di lavoro al reintegro il lavoratore nel posto di lavoro.

La seconda garanzia presume che, al di sotto di tali soglie, venga applicato il regime di tutela previsto dall’articolo 8 della legge 604/1966 (sostituito dall’articolo 2 della legge 108/1990) che riconosce al lavoratore illegittimamente licenziato il solo diritto a percepire un indennizzo economico.  

Ai lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato dal marzo 2015 in poi, si applicano, invece, le tutele previste dal Jobs act.

Con il decreto legge 12 luglio 2018, anche conosciuto come Decreto Dignità, è statuito che le indennità dovute in caso di licenziamento ingiustificato aumentino.

Licenziamento: Il Giustificato Motivo Soggettivo

Quando il lavoratore realizza comportamenti disciplinarmente rilevanti, ma non di tale gravità da comportare il licenziamento per giusta causa, e cioè senza preavviso, può scattare il licenziamento con giustificato motivo soggettivo. Anche in questo caso si parla di licenziamento di tipo disciplinare dovuto a comportamenti che non permetterebbero regolare proseguimento del rapporto di lavoro, mentre per i dipendenti licenziati è previsto il diritto all’indennità di disoccupazione.

In casi di scarso rendimento sul lavoro da parte del dipendente, oppure davanti ad un comportamento ritenuto negligente, può scattare questo tipo di provvedimento. Sono valutazioni comportamentali, dunque, che giustificano la legittimità del recesso del contratto di lavoro previa la preventiva contestazione degli addebiti che danno diritto al dipendente additato di scarso impegno a difendersi nelle sedi opportune. Se il licenziamento risulta illegittimo, il lavoratore ha diritto a ottenere le tutele offertegli dalla legge (tra cui appunto la disoccupazione per il licenziamento per giusta causa).

Licenziamento: Il Giustificato Motivo Oggettivo

In caso di crisi aziendale o per ragioni derivanti dalla “scarsa attività produttiva”, “dall’organizzazione del lavoro e dal regolare funzionamento di essa”, secondo quanto stabilito dalla legge 604 del 1966, il licenziamento viene giustificato dal cosiddetto motivo oggettivo la crisi dell’impresa.

L’individuazione dei limiti entro i quali si può dire integrato il giustificato motivo oggettivo sono particolarmente rilevanti. Infatti, quando ne viene accertata l’insussistenza, il licenziamento comminato risulta illegittimo e il lavoratore ha diritto a ottenere le tutele offertegli dalla legge. Le garanzie offerte al lavoratore, in caso di licenziamento illegittimo, sono cambiate radicalmente negli ultimi anni. 

Prima della riforma del 2012 (nota come legge Fornero), infatti, l’illegittimità del licenziamento per motivo oggettivo era sempre sanzionata: il datore di lavoro veniva condannato al reintegro del lavoratore ed al risarcimento integrale del danno retributivo, nonché al versamento dei contributi previdenziali per il periodo intercorrente tra il momento del licenziamento e quello della reintegrazione. 

Dopo la riforma invece il regime sanzionatorio è stato modificato, e la reintegrazione del lavoratore è prevista in caso di manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, in caso di recesso intimato per inidoneità fisica o psichica del lavoratore, oppure in caso di licenziamento intimato nel periodo di comporto.

Requisiti Formali del Licenziamento

Bisogna rispettare alcune regole procedurali affinché il licenziamento sia dichiarato legittimo. I cosiddetti requisiti formali prevedono che la cessazione del rapporto lavorativo comunicata oralmente sia inefficace, come previsto dall’articolo 2 della legge 644 del 1966: infatti il datore di lavoro è tenuto ad inviare una lettera al dipendente in cui annuncia il recesso del contratto.

All’interno di questa missiva – definita “forma scritta” -  devono essere elencate obbligatoriamente le motivazioni di tale interruzione, altrimenti il provvedimento è ritenuto inefficace ed impugnabile. La forma scritta è prevista anche in caso di licenziamento dei dirigenti dell’azienda e più in generale valgono per ogni ipotesi di recesso. Senza tali osservanze delle disposizioni di legge, il provvedimento è dunque inefficace.

Termini per Impugnare il Licenziamento

Quali sono i termini per impugnare il licenziamento? Entro quanto tempo si può impugnare la lettera redatta dal datore di lavoro?

La Cassazione parla chiaro: se entro 60 giorni non vi è risposta alla missiva, e l’atto di ricorso in tribunale non viene depositato entro 180 giorni, il licenziamento è da considerarsi legittimo. Anche se manifestamente contro quanto previsto dalla legge.

Ancor prima di impugnare la lettera di recesso e di depositare il ricorso, il dipendente può presentare difese scritte chiedere di essere sentito oralmente entro 5 giorni dal ricevimento della contestazione. Se tale richiesta viene inoltrata, l’azienda non può licenziare il dipendente senza prima averlo convocato per il colloquio.

La Revoca del Licenziamento

Il licenziamento può essere revocato, a condizione però che il lavoratore accetti le nuove condizioni dettate dal datore di lavoro e ritiri l’impugnazione dell’atto di recesso. Con il “nuovo articolo 18”, il titolare dell’azienda può revocare il licenziamento entro 15 giorni dal ricevimento dell’impugnazione, ma solo se accompagnata dall’accettazione del lavoratore.

A chiarire in via definitiva la regola alla base della revoca del licenziamento, è il Decreto Legislativo numero 23 del 2015, il quale stabilisce che “nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del  medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente decreto.”

Dunque, in base al “nuovo” articolo 18, se il recesso veniva revocato entro 15 giorni dall’impugnazione, il rapporto di lavoro si intendeva ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non si applicava alcuna sanzione pecuniaria aggiuntiva prevista per il licenziamento illegittimo o inefficace.

Queste applicazioni sono state sostanzialmente confermate dalla riforma del 2015, il Jobs Act, ponendo l’accento tra l’altro sulla tutela reintegratoria e sull’illegittimità del licenziamento.

Licenziamenti Collettivi

Si parla di licenziamenti collettivi quando le aziende con almeno 15 dipendenti decidono di rescindere i rapporti lavorativi con almeno 5 lavoratori nell’arco di 120 giorni. Questo può avvenire in vista della cessazione dell’attività o di una ristrutturazione della produzione, dunque per ragioni interne all’impresa e motivate in maniera scritta dal datore di lavoro. L’intermediario, in questi casi, è il sindacato: la procedura infatti prevede i criteri di scelta di licenziamento vengano comunicati ai rappresentanti sindacali delle maestranze, che dovranno vagliare se il provvedimento è illegittimo o meno.

Assicurazione Perdita Lavoro

In caso di licenziamento il lavoratore può sentirsi tutelato da una polizza assicurativa che gli permette di garantirsi una percentuale fino all'80% del proprio stipendio anche in caso di improvviso recesso del contratto e che può essere applicata anche laddove si ravvede l’ingiusta causa, o per il fallimento dell’azienda.

Non solo: la copertura è prevista anche in caso di decesso da infortunio e per l'invalidità permanente, oltre a tutelare il patrimonio del lavoratore senza considerare che tipo di lavoro svolga.

Per maggiori informazioni sulla polizza lavoro e calcolare un preventivo, vedere: "Assicurazioni Perdita Lavoro: Preventivi Online"

In Italia queste polizze coprono le economiche di intere famiglie minacciate dai licenziamenti: una sicurezza in più per ad esempio ha un mutuo in essere, oppure per chi vede il proprio futuro in bilico a causa della scarsità dell’offerta di lavoro, o addirittura in casi in cui le precarie condizioni di salute non permettono di svolgere vostre normali mansioni lavorative, a partire dal 25 % di incapacità al lavoro.