Identity Theft: il furto d'identità in rete

Data pubblicazione: 2019-06-03
Tempo di lettura stimato: 5 minuti
Identity Theft: il furto d'identità in rete

Guida all’Identity Theft, quali sono i reati legati al furto d’identità in rete

Il profilo digitale è, al giorno d’oggi, parte integrante dell’identità personale e ciò comporta l’esigenza di tutelarlo con sempre maggiore attenzione. Il furto dei dati è ormai all’ordine del giorno, con conseguenze che spaziano dal danno economico alla lesione della reputazione. Come difendersi da queste minacce e come sono inquadrati questi reati a livello normativo?

Il diritto al nome

Partiamo da una premessa fondamentale: la legge considera il profilo digitale una proiezione dei diritti della personalità nella comunità virtuale. In altre parole, le violazioni possono produrre un danno che, dall’ambito virtuale, può estendersi anche al di fuori della community, interessando la sfera affettiva e professionale dell’individuo. Il diritto all’identità personale rientra tra i diritti fondamentali della persona e più in particolare tra i diritti della personalità: questi ultimi tutelano la proiezione sociale dell’individuo e il suo interesse a salvaguardare la reputazione, l’immagine, l’onore e la riservatezza. Al centro delle violazioni informatiche c’è, in particolare, il diritto al nome, di pertinenza esclusiva della persona.

Il phishing

Il furto d’identità in rete è un fenomeno complesso e sfaccettato. La sua finalità, infatti, non è esclusivamente di tipo economico: questo tipo di reato può avere come obiettivo quello di ottenere visibilità o di conseguire altri vantaggi che non necessariamente comportano un danno patrimoniale per la vittima. Tra le condotte criminose più diffuse c’è il cosiddetto phishing: ovvero, l’acquisizione fraudolenta di informazioni sensibili – come dati anagrafici, password del conto corrente,  codici di carte di credito e altre credenziali – al fine di accedere a sistemi bancari e altri servizi online.

Il catfishing

Le minacce del web, però, non si fermano qui. Pensiamo al cosiddetto catfishing o kitten fishing: al tentativo, cioè, di attirare qualcuno in una relazione sfruttando un’identità digitale immaginaria. I fake sono un fenomeno molto diffuso nel mondo del dating e, come noto, i tentativi di adescamento colpiscono molto spesso anche i minori.

La tendenza ad alterare e manipolare l’identità è sempre più generalizzata e non riguarda solo i malintenzionati, ma anche i semplici utenti, desiderosi di presentare se stessi sotto la luce migliore e di estendere il più possibile la propria cerchia di relazioni. Tacere i propri difetti è un conto: caso diverso, invece, è attingere alle informazioni personali altrui e utilizzare un falso profilo per perseguire scopi disonesti, come la delegittimazione e la diffamazione.

Nei casi più gravi, la sostituzione di persona può condurre a veri e propri ricatti, spesso incentrati su foto o video compromettenti: un rischio particolarmente insidioso per gli utenti più giovani, spesso disarmati di fronte a queste minacce che possono gravemente compromettere le personalità più fragili.

Conseguenze del furto d’identità

La falsificazione dell’identità avviene molto spesso tramite la sostituzione d’identità e l’uso di dati ed elementi riconducibili a un’altra persona. Secondo il nostro ordinamento, anche utilizzare una foto altrui per la propria immagine profilo Facebook rappresenta una violazione: a stabilirlo, in particolare, è stata la sentenza 4413 del 10 ottobre 2017 della Corte di Cassazione V sezione penale. Anche questo tipo di falsificazione, infatti, configura il reato di sostituzione di persona. Il rischio di incorrere in una condanna sussiste in tutti i casi in cui ci sia la volontà di ottenere un vantaggio personale o di provocare un danno a un’altra persona.

Usare un nickname altrui o il fake di una celebrity può sembrare un’azione innocua, ma non è così. Molto diffuso è anche l’uso dei falsi status sui social: ad esempio, dichiarare lo status ‘single’ da parte di utenti sposati o coinvolti in una relazione. Ebbene, secondo la Corte di cassazione anche questo tipo di comportamento può configurare un reato. Le falsificazioni legate allo stato civile, all’età e ad altre attribuzioni dotate di effetti giuridici, infatti, rappresentano un reato contro la fede pubblica, e questo non solo in caso di danno patrimoniale.

Più in generale, l’articolo 494 c.p. definisce la sostituzione di persona come l’attribuzione di un falso nome, un falso stato o una qualità allo scopo di indurre gli altri in errore. La lesione riguarda non solo la singola vittima del reato, ma anche la fede pubblica, ovvero la comunità degli utenti nel suo complesso. In altre parole, i falsi profili e le false identità digitali mettono a rischio il patto di fiducia tra gli utenti, alla base delle relazioni virtuali. Questo elemento di fiducia è molto importante poiché le relazioni virtuali sono ormai equiparate a quelle reali e risultano rilevanti sotto il profilo giuridico.

Come accennato, le falsificazioni digitali si estendono ben oltre la semplice finalità economica. Il furto delle credenziali e delle informazioni personali condivise con i social network, comunque, ha spesso come obiettivo il già accennato phishing, ovvero, la messa in atto di transazioni economiche illecite attraverso la creazione di falsi account e caselle di posta che sfruttano i dati di un altro utente.