Responsabilità medica per errore diagnostico

Data pubblicazione: 2019-06-04
Tempo di lettura stimato: 4 minuti
Responsabilità medica per errore diagnostico

Cosa dice la legge in tema di responsabilità medica per errore diagnostico

La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 47448 del 2018, ha recentemente riproposto il tema controverso dell’errore diagnostico, in ambito di malasanità e responsabilità medica.

I giudici della Suprema Corte hanno specificato che l’errore diagnostico si configura quando il medico non sottopone il paziente agli accertamenti e ai controlli che potrebbero tornare utili per formulare una giusta diagnosi e non soltanto quando all’insorgere di uno o più sintomi non riesce a inquadrare correttamente il caso clinico in una classe di patologie conosciute dalla scienza, o commette un errore di valutazione.

Se il medico riscontra una sintomatologia adatta a poter formulare una diagnosi differenziale, la condotta può essere considerata colposa se si mantiene nella posizione diagnostica erronea dell’inizio.

Ecco come è cambiata la legge in tema di errore diagnostico

Dal 2009 ad oggi, in tema di regime giuridico da poter applicare all’errore diagnostico, si sono susseguite tre diverse normative.

Dieci anni fa l’ordinamento non dettava particolari prescrizioni a proposito di responsabilità medica. Di conseguenza, qualunque fosse il grado di responsabilità del medico, erano validi e applicabili i principi generali in materia di colpa.

Che il medico avesse commesso una colpa lieve o grave, era irrilevante ai fini della responsabilità.

Nel 2012 la legge Balduzzi ha modificato il quadro presente con l’introduzione dell’articolo n. 3 per il quale chi esercita la professione sanitaria attenendosi scrupolosamente alle linee guida e alle pratiche consuetamente accettate e accreditate alla comunità scientifica non può rispondere penalmente in caso di colpa lieve.

Nel 2017 la legge Gelli - Bianco abroga l’art. 3 della legge Balduzzi con l’articolo 6, e si rifà alla stesura e diffusione di linee guida di riferimento “come definite e pubblicate ai sensi di legge”.

A tale scopo l’articolo 5 della legge 24 del 2017 presenta un iter articolato di elaborazione ed emanazione delle linee guida.

Spesso le linee guida divergono dalle buone pratiche clinico - assistenziali, che riportano una serie di raccomandazioni su come comportarsi a livello clinico elaborate tramite un sistema concettuale, sviluppato allo scopo di offrire indicazioni di riferimento ai medici nel loro scegliere quale percorso diagnostico e terapeutico seguire in base alle specifiche circostanze cliniche.

Linee guida e loro rilevanza nell’errore diagnostico

Le linee guida si possono considerare sempre come effettivi standard diagnostico - terapeutici attinenti alle regole imposte dalla più accreditata scienza medica, per garantire i migliori livelli di salute possibili al paziente.
Per la loro specifica natura, le linee guida rappresentano un concentrato di conoscenze scientifiche, tecniche e pratiche inerenti ogni singolo ambito operativo e per questo si differenziano da una basica buona prassi clinico - assistenziale.

Anche nel caso in cui si volesse riconoscere come valida la tesi dell’equiparazione tra le linee guida vigenti ma non approvate, emanate attraverso l’articolo 5 l. 24/2017 alle buone norme pratiche clinico – assistenziali, resterebbe il fatto che essa esclude la possibilità di punire l’errore medico solo se sono state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida o dalle buone pratiche clinico – assistenziali.

Laddove i giudici si sono espressi rilevando la presenza di errori diagnostici, le linee guida di riferimento e le buone pratiche clinico - assistenziali non sarebbero state comunque rispettate.

Quasi sempre infatti sono stati scoperti e provati profili di imperizia clinica e gravi casi diagnosi errata diagnosi di affezioni come la sindrome coronarica acuta, che sarebbe dovuta essere riconosciuta o sospettata già dagli esiti delle analisi.

I giudici di merito hanno spesso accertato anche negligenza grave nell’omettere di eseguire esami necessari e suggeriti in modo esplicito dalle linee guida.

Quasi tutti i casi di errore diagnostico hanno alla base la mancanza di rispetto delle raccomandazioni di massima previste dalle linee guida e la palese imperizia del medico che effettua la diagnosi.

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