Contratto a Chiamata, Cos’è e Come Funziona

Data pubblicazione: 2017-09-22
Tempo di lettura stimato: 3 minuti
Contratto a Chiamata, Cos’è e Come Funziona

Come funzionano i contributi e la disoccupazione nel contratto a chiamata

Contratto a chiamata, contratto a intermittenza, job call o lavoro intermittente, tutti stanno a indicare la nuova tipologia di contratto per prestazioni di lavoro occasionale.

Introdotto nel 2017, l’obiettivo del contratto a chiamata è quello di sostituire definitivamente i voucher. Come per questi ultimi, il modo, il luogo e il tempo della prestazione sono stabiliti dal datore di lavoro, quindi rientra pienamente fra i contratti di lavoro subordinato.

È un contratto pensato per regolarizzare quei lavoratori solitamente chiamati solo quando ce n’è più bisogno. Ad esempio durante il periodo delle feste natalizie o le ferie estive e,nonostante la sua natura “precaria”, può essere a tempo sia determinato sia indeterminato.

Nel primo caso avrà una scadenza precisa, mentre nel secondo caso non è prevista una scadenza, pertanto il lavoratore dovrà restare a disposizione dell’azienda pure nei momenti di inattività.
L’importante è che le giornate lavorative non siano più di 400 in un arco temporale di 3 anni.

A dispetto del nome, questo tipo di contratto deve essere necessariamente stilato per iscritto, pertanto è bene farsi delle idee consultando del contratto a chiamata dei fac simile online.

Quando è vietato ricorrere al contratto a chiamata

Il contratto a chiamata è vietato in alcuni casi specifici.
Per le imprese che cercano sostituti ai lavoratori in sciopero o che hanno operato dei licenziamenti collettivi nei sei mesi precedenti o ancora per quelle imprese che non hanno effettuato una valutazione dei rischi in materia di sicurezza del lavoro.

Il contratto a intermittenza, infine, non può essere stipulato per quelle persone che hanno meno di 24 anni o più di 55 anni di età.

Contratto a chiamata, la disoccupazione viene sospesa?

Con il contratto a chiamata la disoccupazione Naspi viene comunque riconosciuta.

Nel caso già si percepisca la Naspi, questa viene sospesa nei giorni in cui vige il contratto a chiamata, successivamente la disoccupazione subirà una riduzione pari all’80% dei redditi ricavati dal lavoro subordinato.

Nel caso in cui invece non si percepisca già la Naspi, per ottenerla bisogna avere 30 giornate di lavoro all’anno, almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti e nessun contratto attivo in essere, nemmeno quello a chiamata.
Solo le 3 condizioni assieme danno diritto alla disoccupazione.

Contratto a chiamata, i contributi chi li versa?

Rispetto ai contributi va prima chiarito un altro aspetto dei contratti a chiamata, la garanzia di disponibilità.

Con questa formula s’intende l’obbligo da parte del lavoratore a rispondere alle chiamate dell’azienda, in cambio gli verrà riconosciuto un compenso per il periodo di inattività.
Nel caso in cui il contratto a chiamata non preveda la garanzia di disponibilità, la clausola suddetta semplicemente non sussiste.

Essendo un lavoro subordinato, è previsto che per il contratto a chiamata i contributi all’INPS vadano versati obbligatoriamente sia per i giorni effettivi di lavoro che per quelli di indennità di disponibilità.

Ugualmente, nel caso di infortuni o di maternità, a meno che non si abbia un’assicurazione infortuni che copra quei giorni di inattività, si può percepire l’indennità solo se questa è prevista dal contratto.