Il Codice Deontologico degli Psicologi Italiani Cosa dice la legge in materia di Codice Deontologico degli Psicologi Italiani Ti serve un'Assicurazione Psicologo? Costruisci la Polizza Perfetta per Te! Fai un Preventivo » Data pubblicazione 2019-05-22 In Italia l’avviamento a una libera professione e il relativo esercizio costituiscono manifestazioni della libertà individuale, riconosciuta come principio generale dal nostro ordinamento ed espressione del diritto al lavoro previsto tra i principi fondamentali, in particolare all’articolo 4 della Costituzione. Tuttavia l’interesse pubblico richiede che l’esercizio delle libere professioni sia subordinato all’accertamento, da parte di organi competenti, di requisiti e condizioni che, con riferimento ai singoli professionisti, garantiscano tecnicamente e moralmente il regolare e buon esercizio della singola professione. In alcuni campi è necessaria l’iscrizione del professionista in un apposito albo relativo al tipo di attività professionale esercitata. Il ruolo degli ordini professionali Il ruolo principale degli ordini professionali è quello di controllare le modalità di accesso alla professione, la qualità del percorso formativo, l’aggiornamento professionale degli iscritti e il rispetto delle regole deontologiche. Chi esercita professioni regolamentate da un ordine professionale può iscriversi ad esso, ma solo adempiendo agli oneri previsti e seguendo un percorso preciso, oltre al possesso di determinati titoli di studio, specifici a seconda dell’ordine di appartenenza. La necessità di censire e certificare i professionisti di una determinata categoria ha radici antiche nella storia dell’uomo, ma in Italia, come la conosciamo oggi, è frutto di una normativa risalente al periodo fascista, opportunamente modificata nel tempo. La situazione italiana in merito è atipica. Ad oggi esistono 28 ordini professionali, vigilati dai rispettivi ministeri di riferimento, una rarità nel panorama europeo e mondiale, dato che in altri stati, come ad esempio nei paesi anglosassoni, esistono per lo più un paio di ordini, quello dei medici e quello degli avvocati. L’ordine degli psicologi Come per le tante altre categorie di professionisti, per esercitare la professione di psicologo è necessario aver conseguito l'abilitazione in psicologia mediante l'esame di Stato ed essere iscritto nell'apposito albo professionale. Nel 2018 l’albo degli psicologi contava 109.524 iscritti, numero che è raddoppiato negli ultimi dieci anni e addirittura triplicato rispetto a venti anni fa. Ogni ordine professionale si dota di un codice deontologico, al quale è necessario attenersi onde evitare sanzioni, sospensioni o, in casi gravi, la radiazione dall’albo. La deontologia professionale consiste nell'insieme delle regole comportamentali ed etiche, il cui scopo è impedire di ledere la dignità o la salute di chi sia oggetto dell’operato del professionista. Ecco perché gli ordini professionali hanno elaborato codici di deontologia di cui sarebbero controllori mediante l'esercizio dei poteri disciplinari. Anche l’ordine degli psicologi ha il suo codice deontologico entrato in vigore il 16 febbraio del 1998. I principi generali del codice deontologico degli psicologi All’avanguardia e previdente l’incipit del codice deontologico degli psicologi che sancisce fin dal primo articolo come le regole in esso contenute siano valide anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico. Nella prima parte del testo si trovano le regole base della professione. Spiccano fra gli altri i doveri di aggiornamento continuo e di formazione permanente, sanciti negli articoli 3 e 5, in considerazione della natura particolarmente delicata della professione in grado di incidere anche radicalmente nella vita delle persone, tanto che la violazione dell’obbligo di formazione continua, determina un illecito disciplinare sanzionato. All’articolo 4 è previsto che nell’esercizio della professione, lo psicologo rispetti la dignità, il diritto alla riservatezza, all’autodeterminazione ed all’autonomia di coloro che si avvalgono delle sue prestazioni. Secondo quanto disposto dall’articolo 9 lo psicologo, nella sua attività di ricerca, è tenuto anche ad informare adeguatamente i soggetti in essa coinvolti al fine di ottenerne il previo consenso informato, anche relativamente al nome, allo status scientifico e professionale del ricercatore ed alla sua eventuale istituzione di appartenenza. Secondo l’articolo 11 del codice lo psicologo è tenuto al segreto professionale, salvo quando ad esempio si trovi in presenza del consenso del destinatario della prestazione, o nei casi di obbligo di referto e denuncia. Norme riguardanti il rapporto con l’utenza e con i colleghi La seconda parte del codice è dedicata alle norme comportamentali dello psicologo nelle relazioni con i destinatari delle prestazioni e con i colleghi. È previsto ad esempio che lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisca all’utente informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, anche dal punto di vista economico. Per quanto riguarda i rapporti con i colleghi, l’articolo 33 del codice specifica che i rapporti fra gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della lealtà e della colleganza, previsioni che si concretizzano nell’impegno alla condivisione dei progressi nelle sue conoscenze e nell’astenersi dal dare pubblicamente giudizi negativi sui colleghi. Gli psicologi possono svolgere attività pubblicitaria della loro professione, ma nel limite del decoro professionale, tanto che l’articolo 40 prevede espressamente che la mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica. In base al dispositivo dell’articolo 1 del codice, lo psicologo è tenuto alla conoscenza delle regole in esso contenute e l’ignoranza delle medesime non esime dalla responsabilità disciplinare. 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