Responsabilità civile e magistrati: quando si configura

Data pubblicazione: 2019-03-05
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Responsabilità civile e magistrati: quando si configura

Quando si configura e come funziona la responsabilità civile dei magistrati

Quando scatta la responsabilità civile dei magistrati? C’è la possibilità di avere un risarcimento per i danni subiti da un magistrato nell’atto di esercitare le funzioni giudiziarie?

La Costituzione italiana riconosce l’indipendenza e l’autonomia della magistratura, ma nel corso degli ultimi decenni, il dibattito attorno alla responsabilità civile dei magistrati si è fatto sempre più ampio fino ad arrivare alla Corte di Giustizia Europea che ha addirittura sollecitato una riforma.

Indipendenza ed autonomia della magistratura

Il giudice è soggetto soltanto alla legge dello Stato italiano.

Secondo l’ordinamento giudiziario italiano, la magistratura deve essere un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (articolo 104), con un proprio organo di autogoverno rappresentato dal Consiglio Superiore della Magistratura presieduto dal Presidente della Repubblica e con un vicepresidente eletto al suo interno.

Al Csm spetta vigilare e garantire sull’autonomia e sull’indipendenza della magistratura, così come spettano le assunzioni, le assegnazioni, promozioni e, non ultimo, i provvedimenti disciplinari (articolo 105).

Come tutti gli altri dipendenti dello Stato però, anche i magistrati sono direttamente responsabili delle loro azioni (articolo 28 Costituzione); per le toghe però, la responsabilità civile non solo si estende allo Stato, ma si limita al solo caso di dolo o colpa grave.

La legge Vassalli

Un dibattito questo sulla responsabilità civile dei magistrati, che è durato più di 40 anni fino ad arrivare al referendum del 1987 e all’approvazione della legge 117/1988, meglio conosciuta come legge Vassalli. Di mezzo c’è stato anche il famoso caso di Enzo Tortora, ingiustamente accusato, detenuto e condannato.

Secondo la legge 117/88, l’articolo 28 della Costituzione doveva essere interpretato con una responsabilità indiretta dei magistrati, ossia con una sorta di concorrenza tra Stato e magistrato.

I magistrati rispondono penalmente, civilmente e disciplinarmente in caso di danni ai cittadini derivanti dall’esercizio della loro funzione.

  • La responsabilità penale del magistrato si configura quando la toga commette reato nell’esercizio delle funzioni; la vittima ha diritto a risarcimento sia nei suoi confronti che nei confronti dello Stato il quale poi potrà rivalersi sul magistrato;
  • La responsabilità civile dei magistrati si configura solo nel caso in cui ci sia dolo, colpa grave o diniego di giustizia; in questi casi il cittadino può chiedere il risarcimento per il danno dallo Stato il quale potrà rivalersi sul magistrato.

Su quest’ultimo punto si è arrivata a pronunciare anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dopo la vicenda Traghetti del Mediterraneo.

La pronuncia della Corte di Giustizia Ue e il caso Traghetti del Mediterraneo

Dopo il fallimento della società genovese, la dirigenza di Traghetti del Mediterraneo individuò tra le cause del dissesto anche una precisa preferenza politica a favore di Tirrenia, alla quale sarebbero arrivati aiuti di Stato. Ricorsa alla giustizia ordinaria e dopo aver perso sia il primo che il secondo grado di giudizio, la Traghetti del Mediterraneo si rivolse alla Cassazione avanzando la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.

Palazzo Cavour però, in maniera alquanto arbitraria, rifiutò la richiesta arrivando ad interpretare le norme comunitarie. Una vicenda complicata che si concluse con la condanna per l’Italia da parte della Corte del Lussemburgo che, pur non entrando nel merito della responsabilità del magistrato, definì troppo limitativa la sussistenza della “colpa grave” per poter ottenere un risarcimento, avanzando la proposta di un requisito meno stringente ma stabilito dal diritto europeo come la “manifesta violazione del diritto”.

Successivamente la Corte di Giustizia ha anche avviato una procedura di infrazione nei confronti del nostro paese, culminata con la sentenza di condanna del 24 novembre 2011 per violazione degli obblighi di adeguamento dell’ordinamento interno al principio di responsabilità degli Stati membri in caso di violazione del diritto dell’Unione europea da parte dei Tribunali di primo grado.

La Responsabilità civile dei Magistrati e la legge 2015

Durante i governi Berlusconi III e IV, tra il 2001 e il 2006, il Parlamento discusse e approvò la riforma dell’ordinamento giudiziario (meglio conosciuta poi come riforma Castelli) tentando di inserire una tipizzazione specifica per la configurazione della responsabilità delle toghe. Il tutto per rendere applicabile la responsabilità civile dei magistrati, argomento che puntualmente però si scontrava con il principio di autonomia e indipendenza delle toghe.

In seguito alla sentenza della Corte di Giustizia del 2011 e con Berlusconi lontano da Palazzo Chigi, fu presentato un altro disegno di legge, sempre volto ad introdurre una forma di responsabilità civile diretta del magistrato. Riforma che fu approvata dopo un lungo e tormentato iter parlamentare, il 24 febbraio 2015.

Cosa stabilisce la riforma del 2015

La legge 18/2015 ha come principale obiettivo quello di adeguare la normativa italiana alle indicazioni della Corte di Giustizia, mantenendo inalterato il principio della responsabilità indiretta ma modificando la “clausola di salvaguardia”.

Tale clausola stabilisce che il magistrato non può essere chiamato a rispondere per responsabilità civile in caso di attività interpretativa della legge.

La colpa grave però, è stata definita in un senso più ampio: lo Stato viene chiamato a rispondere del risarcimento dei danni causati dal magistrato nell’esercizio delle sue funzioni a meno che non voglia esercitare il diritto di rivalsa. Per l’azione di rivalsa il magistrato potrà rispondere anche con il 50% dello stipendio.

Con la legge 18/2015 la colpa grave si concretizza in caso di:

  • Violazione di legge e del diritto dell’Unione Europea
  • Travisamento di fatti e prove
  • Affermazione di un fatto la cui esistenza è incontestabilmente esclusa dagli atti del procedimento o dalla negazione di un fatto esistente
  • Emissione di un provvedimento cautelare personale fuori dai casi consentiti dalla legge o senza motivazione.

La richiesta di risarcimento in caso di responsabilità civile dei magistrati

Il cittadino che ritenga di aver subito un danno ingiusto a causa dell’operato di un magistrato, può agire contro il magistrato entro tre anni dall’accaduto, solo rivolgendosi allo Stato nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri.

L’azione di rivalsa sarà esercitabile per diniego di giustizia, per violazione manifesta della legge o del diritto dell’Unione Europea, per travisamento del fatto o delle prove a causa di dolo o negligenza inescusabile.

Il termine di decorrenza potrà variare nel caso in cui ci si trovi di fronte ad un segreto istruttorio e quindi la parte non sia potuto venire a conoscenza del fatto.

La riforma ha inoltre abrogato il filtro di ammissibilità dell’azione di risarcimento verso lo Stato.

La rivalsa dello Stato

Lo Stato esercita obbligatoriamente la sua rivalsa in caso di accertamento della responsabilità del magistrato entro due anni dall’avvenuto risarcimento. L’azione spetta al Presidente del Consiglio dei Ministri e, in caso di riconoscimento di responsabilità, al magistrato potrà essere decurtato fino al 50% dello stipendio. Soglia che potrà essere esclusa in caso di dolo.

La responsabilità contabile

La legge 18/2015 ha inoltre introdotto la responsabilità contabile, ossia la responsabilità per mancato esercizio dell’azione di regresso da parte dello Stato verso il magistrato. A questo proposito ogni anno entro il 31 gennaio, il Presidente del Consiglio dei ministri e il ministro della Giustizia, inviano alla Corte dei Conti una informativa sulle condanne di risarcimento dei danni riferite all’anno precedente.