Lavoro in Nero: Cosa si Rischia?

Data pubblicazione: 2017-10-27
Tempo di lettura stimato: 3 minuti
Lavoro in Nero: Cosa si Rischia?

Chi lavora in nero rischia sanzioni, ecco quali.

È da sempre una piaga, ma a volte è necessario. Lavorare in nero, ovvero senza nessuna forma contrattuale che tuteli i diritti del lavoratore è purtroppo una consuetudine che al giorno d’oggi non dovrebbe più esistere.

Spesso è un vero e proprio ricatto al quale lo pseudo-dipendente si sottomette pur di guadagnare qualcosa. Il lavoro in nero non prevede il versamento dei contributi, la retribuzione delle ferie, nessun tipo di assicurazione.

Non aiuta a maturare i requisiti per accedere all’assegno di disoccupazione. In poche parole, presenta più svantaggi che benefits, quanto meno per la parte più debole: ovvero il prestatore d’opera.

Ma c’è di più. Dall’approvazione del d.lgs. n. 151/2015, non è solo il datore di lavoro a rischiare pene sanzionatorie sia pecuniarie che processuali, chi rischia è anche il lavoratore.

Lavoro in nero: le conseguenze per il datore di lavoro

Sia il decreto legislativo del 2015, sia il Jobs Act hanno previsto sanzioni più dure per quei datori di lavoro sorpresi a sfruttare manodopera in nero.

L’ammontare della somma da pagare in questi casi può raggiungere i 36000 euro per ogni lavoratore occupato. Il calcolo viene effettuato in base ai giorni di effettivo lavoro per ciascuno dei dipendenti irregolari.

L’importo viene aumentato del 20% qualora venga utilizzata forza lavoro straniera senza idoneo permesso di soggiorno, oppure si stiano facendo lavorare minori.

Lavoro in nero: cosa rischia il lavoratore?

Prima del 2015, i dipendenti non regolari di un’azienda fatta oggetto di controllo da parte dello Stato, non avrebbero rischiato pressoché nulla. Anzi, avrebbero potuto vedere riconosciuta e regolarizzata la propria posizione anche in maniera pregressa.

Dopo l’uscita del d.lgs. n. 151 tutto è cambiato. Soprattutto nel caso in cui il lavoratore abbia dichiarato alle autorità il proprio stato di disoccupazione o, peggio, sia percettore di assegno di indennità.

Nella prima ipotesi, il dipendente deve essere segnalato alla Procura, e rischia una condanna fino a due anni per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico ex art. 483 del codice penale.

Nella seconda ipotesi, ovvero qualora il lavoratore sia anche percettore di disoccupazione, o di qualsiasi altro ammortizzatore sociale, questi rischia da sei mesi a tre anni di reclusione e di vedersi contestata l’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
Solo qualora la somma percepita non superi 3.999,96 euro, il lavoratore in nero se la può cavare con il pagamento di una penale che va da 5.164 euro a 25.822 euro.

Per moltissime ragioni e soprattutto se dovesse capitare malauguratamente di fare qualche piccolo lavoro in nero, proprio perché non si ha alcuna tutela, è fortemente consigliato stipulare una polizza lavoro che possa mettervi al riparo da brutti imprevisti.